Art. 603 comma 3bis rinnovazione istruttoria

Cass. Sezione PRIMA PENALE N. 8311 del 2020

Pres.: MAZZEI

Rel.: LIUNI

 

Questione decisa:

il devolutum segna il confine dell’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale da parte del giudice dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., e non il decisum.

Dichiarazioni rese da coimputato di natura confessoria ed eteroaccusatoria nei confronti di uno solo dei coimputati.

Deve essere disposta la rinnovazione dell’istruttoria e, quindi, rinnovato l’esame del coimputato.

All’esito di tale esame rinnovato la Corte Territoriale, in sede di rinvio, giudicherà sulla base di tale prova dichiarativa, in piena libertà decisionale, da valutare unitamente a tutti gli altri elementi di prova raccolti.

 

 

SENTENZA sul ricorso proposto da omissis, nato a omissis il omissis, avverso la sentenza del 25/10/2018 della Corte di appello di Venezia, visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Teresa Liuni; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Kate Tassone, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza; udito il difensore, avvocato Renato Alberini, il quale ha chiesto l’accoglimento dei motivi del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 25/10/2018 la Corte di appello di Venezia ha rifor- mato la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Treviso emessa il 17/6/2015, che aveva assolto omissis dal reato di cui agli artt. 110 e 423 cod. pen., per avere causato, in concorso morale e materiale con omissis ed omissis (materiali esecutori del fatto, per i quali si era proceduto separatamente), l’incendio del ristorante “omissis”, con modalità tali da generare fiamme ed esplosioni diffusive, facili a propagarsi e di difficile spegnimento, e comunque idonee a mettere in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone, tra cui gli stessi piromani, gli abitanti nei pressi, i vigili del fuoco intervenuti per lo spegnimento; fatto commesso in omissis, in provincia di omissis, nel pomeriggio del 3/10/2011. 1.1. L’imputato, proprietario del ristorante, è stato ritenuto dai giudici di appello responsabile dell’incendio – in qualità di mandante – e quindi condannato alla pena di tre anni di reclusione. 1.2. La Corte territoriale, adita dal Procuratore della Repubblica, ha basato l’impianto motivazionale, in punto di ricostruzione del fatto e dichiarata responsabilità di omissis, sulla rivalutazione critica degli elementi di prova. In particolare, ha ritenuto che il giudizio di esclusiva responsabilità degli esecutori materiali dell’incendio, omissis e omissis, fondato sulle dichiarazioni auto ed etero-accusatorie di quest’ultimo (il primo si era avvalso della facoltà di non rispondere), non resistesse alla ricostruzione del fatto, come logicamente condotta sulla base di tutte le risultanze istruttorie, che deponevano a favore del mandato agli esecutori conferito da omissis, titolare e gestore del ristorante, in difficoltà finanziarie e, perciò, interessato a lucrare il premio assicurativo derivante dall’incendio del locale. In motivazione la Corte ha precisato che il rovesciamento della decisione assolutoria non richiedeva alcuna rinnovazione istruttoria, poiché l’accertamento della responsabilità di omissis non dipendeva dalla diversa interpretazione delle dichiarazioni del coimputato omissis, ma dal vaglio critico del complesso degli elementi di prova raccolti. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione omissis tramite il difensore, avv. Renato Alberini, il quale ha dedotto due motivi di impugnazione, qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge processuale e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen., per omessa applicazione dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. e difetto di motivazione discendente dalla mancata rinnovazione dell’esame dell’imputato in procedimento connesso, omissis, il quale aveva attribuito solo a se stesso e all’altro coimputato, omissis, la deliberazione e l’attuazione dell’incendio. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello di Venezia ha operato una diversa valutazione della prova dichiarativa di omissis, ritenuta inattendibile a fronte di un quadro indiziario apprezzato come autonomamente idoneo a sostenere il concorso di omissis nel delitto di incendio col ruolo di mandante; al contrario, il Tribunale di Treviso aveva fondato, proprio sul contenuto delle dichiarazioni di omissis, il suo giudizio di incompletezza probatoria a carico dello stesso omissis e il conseguente proscioglimento. Ciò avrebbe imposto il rinnovato esame dell’imputato in procedimento connesso, omissis, che invece era stato omesso, dovendo il giudice di appello saggiare direttamente l’attendibilità della fonte dichiarativa, come prescritto dall’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.. Il rovesciamento della decisione, esclusivamente cartolare, non consentiva di superare il ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato, determinato dall’adozione di decisioni contrastanti, in violazione altresì della presunzione di non colpevolezza. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’analisi delle risultanze istruttorie, anche per travisamento delle medesime. Sulla premessa che il ribaltamento del giudizio assolutorio di primo grado avrebbe richiesto una motivazione rafforzata, tale da conferire alla seconda decisione un’autorevolezza maggiore rispetto alla prima, il ricorrente procede alla illustrazione della censura con metodo analitico, esaminando indizio per indizio, per contrastarne la valutazione operata dalla Corte di appello. La prima disamina riguarda il contenuto delle immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza. Il ricorrente si attarda nell’analisi dei plurimi elementi di prova, confutandone l’interpretazione a carico di omissis datane dalla Corte territoriale. Essi sono qui sinteticamente richiamati: lo scatolone introdotto preventivamente nel ristorante dai due esecutori materiali; l’andirivieni degli stessi tra l’interno e l’esterno del locale prima di innescare l’incendio; i guanti costantemente indossati dagli esecutori per non lasciare tracce; i vini ed i liquori pregiati asportati prima dell’azione per salvare la merce di maggiore valore; le taniche rinvenute sul posto dello stesso tipo e colore di quelle vuote caricate in auto; il videoregistratore asportato ma lasciato in una borsa abbandonata all’esterno del locale, perché gli autori del fatto, a causa dell’improvvisa esplosione, non erano riusciti a portarlo via; l’effrazione della porta principale da parte di omissis, mentre omissis era entrato attraverso un accesso secondario, munito di chiavi e di telecomando per disattivare il sistema di allarme; di essi omissis aveva rilevato la scomparsa alcuni giorni prima del fatto, lamentandosene con alcuni interlocutori, secondo una studiata messinscena, così ritenuta dalla Corte territoriale ma confutata come illogica e indimostrata dal ricorrente.Ulteriori difformità tra l’interpretazione delle prove resa dalla Corte di appello e l’effettiva consistenza delle medesime vengono rilevate nel ricorso, a proposito del prestito che omissis avrebbe chiesto a omissis, già creditore verso il primo di cinquemila euro, proprio nella sera precedente all’incendio quando omissis e omissis si erano incontrati con omissis nel ristorante; della negazione dell’ulteriore prestito da parte di omissis; della conseguente iniziativa vendicativa di omissis, con l’ausilio dell’amico omissis, al quale era stato promesso un compenso in denaro, sfociata nell’azione incendiaria; dell’esistenza, pertanto, di un movente alternativo ed esclusivo di omissis rispetto a quello attribuito a omissis per conseguire fraudolentemente il premio assicurativo. Quest’ultimo movente, secondo il ricorrente, non era stato più sostenuto neppure dal pubblico ministero, anche perché il consulente contabile-tributario della difesa aveva descritto una situazione patrimoniale dell’esercizio pubblico non particolarmente problematica al punto di impedire la prosecuzione dell’attività commerciale. 3. Il ricorrente ha chiesto, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata; anche il procuratore generale ha concluso per l’annullamento della decisione in accoglimento del solo primo motivo, restando assorbiti gli altri. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbe l’esame dei secondo. Si legge testualmente, nella sentenza impugnata, che “a fronte della deposizione confessoria di omissis (ed eteroaccusatoria solo nei riguardi di omissis avvalsosi della facoltà di non rispondere: n.d.r.), il giudice di primo grado non riteneva raggiunta la prova della responsabilità di omissis per insufficienza degli elementi indiziari raccolti a suo carico” (così a pag. 2); mentre la Corte di appello ha esplicitamente concluso nel senso che la “ricostruzione alternativa dei fatti (rispetto al coinvolgimento di omissis come mandante nell’incendio del suo locale: n.d.r.) è di tutta evidenza inidonea a scalfire l’inconfutabile quadro indiziario (…) basato sugli elementi oggettivi raccolti” (così a pag. 5), considerando dunque del tutto inattendibili le dichiarazioni di omissis, laddove scagionanti omissis in contrasto con i plurimi elementi indiziari, da essa Corte valorizzati e, invece, illogicamente trascurati dal Tribunale nel primo giudizio. Tale iter processuale configura, con ogni evidenza, il caso previsto dall’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., che impone al giudice di appello di rinnovare l’istruzione dibattimentale, quando appellante sia il pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa. E’, invero, il devolutum che segna il confine dell’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale da parte del giudice dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., e non il decisum, laddove questo pretenda di prescindere dalla valutazione della prova dichiarativa, costruendo aliunde il giudizio di condanna, già escluso dal primo giudice, invece, proprio sulla base dell’apprezzamento della medesima prova. Nel caso in esame, pertanto, la Corte territoriale non poteva prescindere dalla rinnovazione dell’esame di omissis, sebbene non reputato utile a sostenere il giudizio di colpevolezza da essa espresso, poiché, in primo grado, proprio al contenuto delle dichiarazioni di omissis era stata attribuita importanza dirimente ai fini del proscioglimento di omissis. 2. Discende l’annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Venezia che dovrà provvedere al rinnovato esame di omissis, impregiudicato l’esito del giudizio alla luce dell’esito della prova dichiarativa da riassumere e di tutti gli altri elementi raccolti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

Così deciso il 28/02/2020