Covid 19 e sicurezza sul lavoro: l’ impatto dell’ evento pandemico sulle responsabilità penali, personali e “di impresa” ai sensi del d.lgs.231/2001

  1. L’ individuazione del datore di lavoro penalmente responsabile e degli altri garanti.

Si vuole in questa sede soffermarsi sulla individuazione del datore di lavoro, destinatario delle norme in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro al quale potrebbero essere imputate le condotte di lesioni o omicidio colposi, commessi con violazione delle relativa normativa in materia di salute e sicurezza, con particolare attenzione alle organizzazioni societarie complesse dove si intrecciano tra una pluralità di soggetti diversi obblighi e responsabilità.

Il d.lgs. 81/2008 all’art. 2 lett. b) definisce il datore di lavoro come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.

Già la lettera della norma evidenzia come l’ identificazione del datore di lavoro avvenga non solo su base meramente formale ( facendo riferimento al titolare del rapporto di lavoro ), ma che in ogni caso si debba avere riguardo al soggetto che, esercitando effettivamente i poteri decisionali e di spesa, ha la responsabilità dell’ organizzazione ovvero dell’ unità produttiva; soggetto che andrà individuato, per legge,  in base al tipo e all’ assetto dell’ organizzazione nell’ ambito della quale il lavoratore svolge le sue mansioni.

Trova pertanto applicazione in materia il principio di effettività,  in forza del quale la posizione di garanzia viene riconosciuta anche in capo a chi, pur non essendo formalmente investito, esercita in concreto i poteri giuridici del datore, sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già – o meglio, non solo –  sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale.

In tal senso espressamente prevede l’ art. 299 d.lgs. 81/2008 che “ le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’ art.2 “ sopra citato, e quindi, in particolare, relative a coloro che sono definiti quali datori di lavoro, dirigenti e preposti, “gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”. Nello stesso senso, tra le varie, Cass. pen. sez. III, n. 18090/2017, e , più recentemente, sez. IV , n. 22079/19 . In tali casi, pertanto, potranno essere chiamati a rispondere in concorso di lesioni o morte per violazione della disciplina sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sia il datore di diritto che il datore di lavoro di fatto; analoghe considerazioni valgono per le figure del dirigente e del preposto, di diritto e di fatto.

In particolare, nelle società di capitali, la giurisprudenza penale ha affermato che “ in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni” ( così Cass. pen. sez. III, sent. n. 12370/2005), con la conseguenza che “gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione” (Cass. pen. sez. IV, sent. n. 6280/2007).

In applicazione di tali principi, la giurisprudenza è arrivata ad affermare che “ne discende la possibilità della coesistenza, all’interno della medesima impresa, di più figure aventi tutte la qualifica di datore di lavoro, cui incombe l’onere di valutare i rischi per la sicurezza, di individuare le necessarie misure di prevenzione e di controllare l’esatto adempimento degli obblighi di sicurezza” ( così Cass. pen. sez. IV n. 49402/2013): nelle società di capitali, per il mancato assolvimento degli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, trova applicazione il principio del cumulo di responsabilità indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo che sia stata validamente conferita una delega della posizione di garanzia (Cass. pen. sez. IV, sent. n. 8118 del 01/02/2017).

L’ art. 16 d.lgs. 81/2008, sostanzialmente codificando le indicazioni consolidate nella giurisprudenza in precedenza formatasi, ha infatti espressamente previsto la possibilità di una delega di funzioni in materia ( e finanche di una subdelega, con le caratteristiche di cui al comma 3-bis ), con il solo limite degli obblighi non delegabili del datore di lavoro, ovvero quelli espressamente previsti come tali dal successivo art. 17 : la valutazione dei rischi, con adozione del relativo documento ( DVR ) e la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Deve evidenziarsi che la delega di funzioni prevista e disciplinata da parte dell’ art. 16 d.lgs. 81/2008 può essere conferita unicamente da parte del datore di lavoro, e che l’ eventuale subdelega, da parte del soggetto delegato ad altro, in relazione a specifiche funzioni, è ammessa solo se d’ intesa con il datore di lavoro medesimo.

Si è inoltre precisato, in proposito, come sia necessario che la delega abbia ad oggetto un ambito ben definito dell’organizzazione aziendale e non genericamente l’intera gestione, che essa sia espressa, effettiva e non equivoca e che investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza, dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa ( così Cass. pen. SS.UU. n. 38343/2014).

Peraltro, in presenza di un’apposita e valida delega, rispettosa di tutte le condizioni prescritte dal citato art. 16 del d.lgs. 81/2008, la posizione di garanzia degli amministratori non operativi non è esclusa interamente, ma è solamente ridotta nella sua portata: il conferimento della delega non solleva l’intero consiglio di amministrazione dagli obblighi di valutare i rischi aziendali, di vigilare sull’operato dell’amministratore delegato e di intervenire in caso di mancato esercizio della delega, poiché questi doveri di controllo non sono mai trasferibili.

Infatti il comma 3 dell’ art. 16 d.lgs. 81/2008 espressamente prevede che “la delega di funzioni non esclude l’ obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”.

Dall’ altra parte, è stato precisato che tale obbligo di vigilanza  “non può avere ad oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato” (Cass. pen. sez. IV, sent. n. 26279 /2015), vigilanza che si esplica anche attraverso i modelli di organizzazione e gestione ex art. 30 d.lgs. 81/2008, come espressamente previsto dal secondo periodo dell’ art. 16 terzo comma.

Va peraltro evidenziato, comunque, che, al fine dell’ attribuzione di una posizione di garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori, eventualmente concorrente con quella del datore di lavoro,  non è sempre necessaria una  formale delega di funzioni.

Innanzitutto, nonostante la previsione espressa della delega di cui all’ art. 16, la giurisprudenza sembra continuare a riconoscere spazio a  forme di delega “implicita”. Così, ad esempio, Cass. pen. sez. IV n. 49402/2013, la quale ravvisa una delega implicita della posizione di garanzia “nell’ incarico conferito, anche in assenza di atto espresso, ad una figura prevenzionale specificamente preposta a garantire gli obblighi attinenti alla sicurezza”, con la precisazione, in tal caso, che “la delega non espressa, poi, presuppone una ripartizione di funzioni imposta dalla complessità dell’ organizzazione aziendale, che dipende comunque dalle dimensioni dell’ impresa” ( richiamando, in proposito, sez. IV , sent.n. 16465/2008).

Con la medesima logica, in riferimento alle specifiche figure del dirigente e del preposto, si è affermato che “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le responsabilità del dirigente e del preposto non trovano origine necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, potendo derivare, comunque, dall’ investitura formale o dall’ esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti” ( Cass.pen. sez. 4, n. 24136/2016).

In altri termini, in relazione ad alcune figure aziendali – in particolare, con carattere apicale rispetto a determinate funzioni o strutture o complessi produttivi o unità locali- la posizione di garanzia si rinviene sostanzialmente “in re ipsa” nella natura stessa dell’ incarico lavorativo assunto.

In applicazione di tali principi si è pertanto affermato che il direttore generale di una struttura aziendale è destinatario “iure proprio”, al pari del datore di lavoro, dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di funzioni, in quanto, in virtù del ruolo apicale ricoperto, assume una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità e della salute dei lavoratori (Cass. pen. sez. IV, n. 8094 del 16/11/2018).

Si è inoltre riconosciuto che anche i componenti del comitato esecutivo possono assumere posizioni di garanzia in materia di sicurezza del lavoro, laddove sia ravvisabile una reale partecipazione ai processi decisori, ovvero una loro ingerenza nelle scelte gestionali e nell’ambito operativo della società, con particolare riferimento alle condizioni di igiene e sicurezza del lavoro (Cass. pen. sez. IV, n. 55005 del 10/11/2017).

Qualora, invece, l’impresa sia articolata in diverse unità produttive, come definite dall’art. 2 lett. t) del d.lgs. 81/2008, potrà eventualmente profilarsi un totale venir meno della posizione di garanzia dell’organo di vertice della società in materia di sicurezza sul lavoro.

La stessa lettera dell’art. 2 lett.b) del d.lgs. 81/2008 qualifica espressamente come “datore di lavoro” anche chi ha la responsabilità dell’unità produttiva. In tal caso, la veste di “datore di lavoro” – e cioè di destinatario primario degli obblighi di garanzia ai sensi del testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – sarà assunta dal responsabile della singola unità produttiva, sempre a condizione che gli siano attribuiti i poteri giuridici ed i mezzi economici necessari per assicurare in via autonoma la neutralizzazione ovvero minimizzazione dei rischi inerenti all’attività produttiva.

Non vi è dubbio, pertanto, che  in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro la normativa e la giurisprudenza individuano molteplici figure di garanti dell’ incolumità dei lavoratori.

Nelle imprese di grandi dimensioni si pone pertanto una delicata questione attinente all’individuazione del soggetto che assume su di sé, in via immediata e diretta, la posizione di garanzia, la cui soluzione precede logicamente e giuridicamente quella della (eventuale) delega di funzioni.

In ipotesi come queste, all’interno di organizzazioni societarie complesse non può attribuirsi, in via automatica, all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, dovendosi sempre considerare l’effettivo contesto organizzativo e le condizioni in cui detto organo ha dovuto operare, anche attraverso un puntuale accertamento, in concreto, dell’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno dell’apparato strutturale (Cass. pen. sez. IV, n. 38100 del 17/09/2014 e Cass. pen. sez. IV n. 13858 del 24/02/2015).

Pertanto, ai fini dell’individuazione del garante in materia di sicurezza sul lavoro nelle strutture aziendali complesse occorrerà fare riferimento al soggetto deputato alla gestione del rischio (Cass. pen. sez. IV n. 22606 del 04/04/2017), cioè il soggetto che può – e deve – in concreto governare quello specifico rischio che poi si va effettivamente a realizzare, essendo comunque, in linea generale,  riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo ovvero a politiche aziendali (Cass. pen. sez. IV n. 24136 del 06/05/2016).

Come sempre in materia di responsabilità penale, occorrerà avere riguardo, caso per caso, all’effettivo contesto aziendale di volta in volta preso in considerazione, evidenziandosi che non è tanto e solo la presenza o meno di una espressa delega di funzioni ad essere di per sè risolutiva, quanto piuttosto la ricognizione  della complessiva organizzazione aziendale e la valutazione della sua efficacia.

Questo poiché, come si è visto, accanto alla delega – ed eventuale subdelega – formale, prevista e disciplinata dall’ art. 16 d.lgs. 81/2008, la giurisprudenza in materia ravvisa responsabilità a carico di molteplici soggetti operanti nell’ ambito aziendale, vuoi in forza di una delega implicita e non espressa ( secondo Cass. pen. sez. IV n. 49402/2013 ), vuoi in forza dell’ esercizio di fatto di poteri corrispondenti a quelli del datore di lavoro, o del dirigente o del preposto ( Cass.pen. sez. IV , n. 22079/19 ), vuoi iure proprio , in funzione dell’ incarico svolto di dirigente o preposto, come definiti dall’ art. 2 lett. d) ed e) del decreto ( Cass.pen. sez. 4, n. 24136/2016 ), ovvero dell’ incarico assunto in relazione ad una specifica struttura o articolazione aziendale ovvero a singole unità produttive ( Cass.pen.sez. IV, n. 8094/2018).

Dott. Francesco Dimaggio

 

Avv. Chiara Tebano