Peculato e peculato d’uso – differenze

La Cassazione torna ad occuparsi del delitto di peculato, tipico reato proprio a qualificazione pubblicistica, nel senso che soggetto attivo può essere solo un  soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.  Si afferma che, a seguito della L. n. 86 del 1990 l’elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell’agente. Sul piano dell’elemento soggettivo si realizza il mutamento dell’atteggiamento psichico dell’agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Elementi, questi ultimi, che debbono sussistere anche nell’ipotesi del peculato d’uso pur se, in tale ipotesi, l’appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Unicamente tale situazione, correlata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa, differenzia il peculato d’uso dal peculato. Con la precisazione che il peculato d’uso previsto dal secondo comma dell’art. 314 cod. pen. (anche nella nuova formulazione) non costituisce un’attenuante del delitto di peculato in quanto i due commi prevedono due diverse ipotesi di reato (nel peculato d’uso, il fine perseguito dall’agente costituisce elemento specializzante, che impedisce di inquadrare il fatto nel concetto di “peculato” vero e proprio (in tal senso Cass sez. 6 Rv. 191407, 199187). In proposito deve ricordarsi che la Corte di Cassazione – principi riaffremati nella sentenza qui allegata – ha ritenuto che nell’ipotesi di cui all’art. 314 c.p., comma 2, “uso momentaneo” non significa istantaneo, ma temporaneo, ossia protratto per un tempo limitato così da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere seriamente la funzionalità della pubblica amministrazione (Sez. 6A, 10 marzo 1997, Federighi, rv. 207594). Temporaneità che, pur se non estranea ad una condotta meramente episodica e occasionale, deve però caratterizzarsi per consistenza e durata tale da realizzare una “appropriazione” e da compromettere, in ogni caso, la destinazione istituzionale della cosa ed arrecare pregiudizio, anche se modesto, alla funzionalità della pubblica amministrazione. La ratio della configurazione del delitto di peculato d’uso va individuata infatti nella voluntas legis di sottrarre all’area del peculato comune l’appropriazione di “cose di specie”, e non anche quelle fungibili, per un periodo limitato di tempo, cui fa seguito la loro immediata restituzione con ripristino completo della situazione ex ante.

Cassazione II penale 7971_13

studio@lorenzocorvucci.it