Misure di prevenzione personali e patrimoniali
Lo studio si occupa di misure di prevenzione, sia reali sia personali, come disciplinate dal
d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice Antimafia).
Il Codice anzidetto ha inserito una unitaria disciplina, prima regolata ai sensi della legge
n.1423 del 1956, sempre soggetta a continui contributi interpretativi secondo le
direttrici stabilite dalla giurisprudenza di legittimità, dalla Consulta e dalla
giurisprudenza sovranazionale (Cedu), con l’evidente fine di limitare la discrezionalità
del giudice della prevenzione, il che richiede un costante aggiornamento professionale
ed un continuo esame degli istituti di regolazione alla base delle procedure volte
all’applicazione di misure di prevenzione sia reali sia personali, in considerazione, posta
la distinzione fondamentale tra pericolosità generica e pericolosità qualificata, dei
presupposti legali che ne legittimano l’applicazione (misure personali) e di quelli che
consentono l’ablazione dei beni (misure patrimoniali), anche in forma disgiunta dalle
prime.
Con la precisazione che in sede di verifica della pericolosità del soggetto proposto per
l’applicazione di una misura di prevenzione ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a) e b),
d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il giudice della prevenzione può ricostruire in via
autonoma la rilevanza penale dei fatti accertati in sede penale che non abbiano dato
luogo ad una sentenza di condanna a condizione che non sia stata emessa una sentenza
irrevocabile di assoluzione in quanto la negazione penale di un fatto impedisce di
assumerlo come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità; ne consegue che
detto potere di autonoma valutazione sussiste anche nel caso di emissione di una
sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione purché il fatto risulti delineato
con sufficiente chiarezza o sia comunque ricavabile in via autonoma dagli atti (Cfr. Sez.
2, Sentenza n. 11846 del 19/01/2018 Cc. (dep. 15/03/2018 ) Rv. 272496 – 0).
Basti considerare, infatti, che costituisce jus receptum – a far data dalla pronuncia delle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18 del 03/07/1996, Simonelli e altri, Rv.
205261 – il presupposto per cui l’applicazione di una misura di prevenzione non è un
“illecito”, ma una “condizione” generale di pericolosità, la quale è desumibile non solo
da singoli fatti illeciti, ma da un più ampio quadro di abitudini di vita, di rapporti e
frequentazioni, con la conseguenza che è possibile utilizzare, ai fini del giudizio in tal
senso da compiersi, elementi di prova o indiziari tratti da procedimenti penali, anche
non ancora conclusi o con epilogo assolutorio (Sez. 6, n. 44608 del 06/10/2015,
Cincinnato, Rv. 265056; Sez. 1, n. 47764 del 06/11/2008, Mendicino, Rv. 242507; Sez. 2,
n. 2542 del 09/05/2000, Coraglia, Rv. 217801).
Nel giudizio di prevenzione, in virtù del disposto di cui all’art. 7, comma 9, d.lgs. 9 giugno
2011, n. 159 – che rinvia, per quanto non espressamente previsto, alle disposizioni di cui
all’art. 666 cod. proc. pen, in quanto compatibili – è legittimo lo svolgimento di
accertamenti preordinati alla verifica delle condizioni per l’applicazione delle misure di
prevenzione personali o patrimoniali, rientrando dette verifiche negli ampi poteri
istruttori assegnati al giudice dall’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. Sicché, da parte di
una difesa attenta, diviene fondamentale e necessario, a tutela del proposto
patrocinato, verificare e del caso instare e/o dolersi, in sede impugnativa, sulla mancata
attivazione da parte del giudice della prevenzione dei poteri istruttori officiosi
riconosciuti allo stesso giudicante per colmare le lacune probatorie eventualmente
riscontrate, onde evitare l’applicazione di misure di prevenzione, sia reali sia personali,
in assenza dei parametri e presupposti richiesti dalla legge, e comunque in presenza di
un quadro probatorio non univoco.
L’esperienza professionale maturata in casi giudiziari anche di estrema rilevanza porta
alla considerazione della necessità di disamine approfondite caso per caso, non
generalizzanti, per una valida tutela difensiva da apprestare secondo modelli e pratiche
di effettiva specializzazione nel campo della prevenzione.
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